Un'epoca irripetibile, tanti maestri che hanno contribuito a rendere immensa la settima arte a queste latitudini. E ancora le atmosfere, le musiche, i volti. La serata di ieri al Circolo Canottieri Roma è stata un'autentica celebrazione. L'occasione era la presentazione del volume "La commedia all'italiana - Il cinema comico in Italia dal 1945 al 1975" (La Nave di Teseo - collana "I Fari") di Masolino D'Amico, libro, guida e allo stesso tempo omaggio che ha richiamato nella sede sociale di Lungotevere Flaminio 39 registi, sceneggiatori, attori, oltre che appassionati cinefili legati a quella pagina incancellabile della nostra storia.
A dare manforte all'autore è stato Enrico Vanzina, il celebre sceneggiatore e scrittore figlio di Steno (al secolo Stefano Vanzina) che firmò tante pellicole del periodo, e fratello/braccio destro di Carlo, che iniziò la sua carriera da regista facendo da assistente a Mario Monicelli. Enrico Vanzina che ha appassionato la platea con tanti aneddoti. A salutare i presenti il presidente del club, Paolo Vitale, il quale ha rimarcato che "il nostro, pur essendo un Circolo sportivo è da sempre legato alla cultura e al cinema in particolare. Non foss'altro perché ha accolto e accoglie tutt'ora, nella sua compagine sociale, tanti interpreti di questa forma d'arte a noi tanto cara".
Encomiabile allora l'iniziativa del consigliere alle Manifestazioni Edmondo Mingione, che ha allestito una (doppia) proiezione di filmati realizzati per l'occasione, iniziata con un doveroso omaggio a Monica Vitti e conclusa con il ricordo di Ennio Morricone. In mezzo tante storie, intervallate dalla performance al pianoforte di Fernando Diaz. Splendida scenografia dell'evento l'esposizione di locandine originali gentilmente offerte dalla casa di produzione Titanus, rappresentata per l'occasione dall'amministratore delegato Massimo Veneziano, ex presidente del Circolo.
Tanti gli ospiti. Da Giovanna Ralli a Eleonora Vallone e ancora Livia Azzariti, Silvia D'Amico, Gloria De Antoni, Cristina Battocletti e Roberto Capucci, quest'ultimo in rappresentanza della commedia all'italiana di oggi, a simboleggiare non solo un "passaggio del testimone", ma anche come segno di ammirazione e ringraziamento da rivolgere ai grandi maestri. "Il libro è una riedizione del volume che realizzai nei primi Anni '80 - ha raccontato Masolino D'Amico - Ai tempi insegnavo a New York e trovai dagli studenti profonda ammirazione per i grandi autori del nostro cinema. Proposi loro alcune celebre commedie e loro risposero con grandissimo entusiasmo. Al contempo, mi accorsi che le pubblicazioni sull'argomento erano scarne e decisi allora di contribuire a riempire questo vuoto. Perché fermarsi al '75? Perché quel movimento, di fatto, è finito lì. I grandi autori e interpreti invecchiavano, l'Italia cominciava a conoscere gli Anni di Piombo e la censura, da sempre combattuta con ironia e sagacia da quel movimento, iniziava ad allentarsi. Ciò mentre in tv le ballerine cominciavano a scoprirsi e le parolacce venivano sdoganate. Negli Anni '80, si rideva per un vaffa".
Con la commedia all'italiana, "veniva infatti esaltato lo sberleffo, rivolto soprattutto al potente e alla cultura egemone del periodo. Quasi una forma di contrasto all'oppressione religiosa e culturale di allora, anche verso i concetti del ventennio". I princìpi incarnati dal cinema comico italiano sono ovviamente presenti nel Dna di Vanzina, che ha ricordato "quei bellissimi incontri-confronti tra la mia famiglia e quella di Masolino (tra i più noti critici e accademici italiani, nipote di Silvio D'Amico e figlio di Fedele D'Amico e Suso Cecchi; ndr). Di quella corrente cominciammo ad apprezzare l'aspetto autoriale a scapito di quello economico. Difficilmente, infatti, si parlava di incassi". Tra gli aneddoti più divertenti riportati da Vanzina, quello sullo sceneggiatore Sandro Continenza ("Fu chiuso in una stanza da alcuni produttori per completare una stesura.Quando ne uscì col prodotto finito, questi la lessero e lo abbracciarono commossi"), ma soprattutto di una curiosa intervista di Andy Warhol ad Alberto Sordi: "Io fungevo da interprete. Warhol gli chiese quale fosse il segreto per riuscire a interpretare così tanti ruoli. Sordi mi guardò perplesso: 'Digli che metto un cappello da vigile e divento vigile, basta un vestito. Sono sempre io!' Ed effettivamente la grandezza di Alberto stava proprio nell'aver studiato così tanto e bene gli italiani, che gli italiani stessi cominciarono a imitare lui. La commedia all'italiana riuscì a offrire una dimensione inedita ad attori straordinari come lui, o come Vittorio Gassman e Gigi Proietti, che venivano dal teatro impegnato".