CARLO VERDONE RACCONTA "TROPPO FORTE"

Una serata magica quella che ha animato il Circolo Canottieri Roma con la partecipazione straordinaria di Carlo Verdone per la proiezione del film "Troppo Forte". Grandi risate e aneddoti divertenti hanno caratterizzato l'evento, che si è svolto nella splendida cornice del nostro fantastico circolo. L'atmosfera vibrante e coinvolgente ha reso la serata indimenticabile per tutti i presenti.

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CARLO VERDONE racconta TROPPO FORTE di Francesco Acampora

D.: Come nasce Oscar Pettinari?

R.: nelle mie intenzioni volevo fare il mio ultimo film con un personaggio. Dopo “Un sacco bello” e “Bianco rosso e Verdone” volevo fare un grande show. E quindi pensai con Sergio Leone, che fu soggettista e co-sceneggiatore nonché co-produttore, a questa storia di un bullo di periferia con la sua motocicletta e i suoi compagni. Una storia dei ragazzi di Testaccio, che avevano il loro punto d’incontro in un chiosco sotto il Gazometro. Era una storia d’amore improponibile tra me e un’attrice americana. Oscar è un mitomane, un poveraccio malato che s’innamora di un’attrice. Poi succede un bel guaio perché vengo scartato come attore durante un provino. E mi viene in mente che mi posso far mettere sotto dalla macchina del produttore per poi chiedere dei soldi per danni permanenti su consiglio di Sordi che fa l’avvocato Pigna Corelli in Serci. Da là nasce prima il contrasto con questa donna, e poi una specie di amore platonico che non si risolverà mai in niente.

È un film divertente, pieno di battute, e mi hanno molto aiutato in questo anche i ragazzi che fecero il film con me che erano veramente dei centauri di periferia, però molto spiritosi. Ho fatto il film divertendomi molto.

D.: Alberto Sordi ha partecipato anche alla sceneggiatura, no?

R.: sì, lui si scrisse la parte sua.

D.: ti sei ispirato a personaggi che conosci?

R.: qualcuno mi fa “ma tu non sei di periferia…come fai a fare certi personaggi?”.  È perché io ero un gran frequentatore di bische dove c’erano i flipper, che mi piaceva tanto. Ero un giocatore anche bravino, facevo poche volte tilt. E nelle bische senti le battute più incredibili, senti delle storie, dei racconti. E quindi nasce così. E ricordo che la scena iniziale nacque così davanti a Sergio Leone. Gli dissi: io immagino un chiosco nella pineta di Ostia dove a un certo punto entra Oscar Pettinari detto “Troppo forte”; e c’è un ragazzetto che gioca a flipper e fa sempre tilt. Lui beve al banco, va verso il ragazzetto, lo leva con una mano e gli dice “tu lavori troppo de polso e usi male l’avambraccio. Il rapporto con un flipper è come un amplesso, è come fosse una donna, capito? Guarda…”. Con tutti gli occhiali da sole e la bandana fa una partita. Ed è sicuramente una delle mie cose migliori a livello di mimica. Io mi sono veramente massacrato tutte le cosce. L’ho ripetuta due o tre volte quella scena e ho avuto degli ematomi durati quattro mesi. Ma il film ha una partenza enorme.

Il film era distribuito dalla Titanus di Guido e Goffredo Lombardo e mi ricordo che quando uscimmo a Roma avevamo in competizione un Rambo, e che ci fu un sabato in cui facemmo più incassi  di Rambo e il Messaggero uscì col titolo grande “Verdone ha battuto Rambo”.

D.: quindi anche i ragazzi del film erano presi dalla strada?

R.: io feci una convocazione col capogruppo e dissi “ragazzi, mi dovete portare un bel numero di motociclisti, in modo che io li scelgo come facce. Devono venire con le moto e già un po’ mascherati da cattivi”. Si presentarono 150 motociclisti tutti assieme a Cinecittà con un rumore da aereo. Uscirono tutti gli impiegati dagli uffici a togliere le radio dalle macchine perché facevano troppa paura. Ma io pure avevo paura perché vedevo delle facce veramente incredibili. Avevo scartato uno che mi fa “e io non vado bene?” “fammi vedere gli altri e poi decidiamo…” “ no aspetta. Io ce faccio l’amore con la moto…”. Prese sta moto e dopo un po’ di pinne si è steso sul serbatoio lasciando la marcia inserita e comincia a mimare un amplesso. Non mettendo mai i piedi a terra né frenando mai. Morale: preso!

Una volta girammo una scena a Ostia e dovemmo tornare in una ventina a  Cinecittà. Io davanti e tutti quanti dietro, andando a velocità di crociera. A un certo punto mi volto e vedo che il gruppo è la metà. E chiedo ”Ma ndo so annati l’artri?” e uno mi fa cenno “va’ va’”. E io vado avanti pensando che li ritroverò a Cinecittà. Dopo un po’ mi volto ed erano rimasti in quattro. E io “ma che fate?”. E in risposta sempre il cenno “va’ va’”.  Arrivati a Cinecittà dietro a me erano solo in due. “ma gli altri 18 dove stanno?”. “Li ha fermati la Polizia”. Tutti presi e portati al Commissariato, e molti di loro avevano precedenti. Si dovette muovere Sergio Leone per dire al Commissario “me raccomanno, non li carcerate che se no me salta il film”.

D.: oggi questi personaggi non ci sono più.

R.: no non ci sono più. Oggi chi va in moto non è così cattivo. È uno che lo fa perché gli piace e fanno lunghi giri. Specie con le Harley Davidson. Fanno i loro raduni. Però non sono cattivi.  Oggi c’è gente che può essere molto pericolosa. Quelli dell’epoca erano tutti un po’ “troppo forte”. Erano mitomani soltanto.

D.: e quindi anche Oscar Pettinari non c’è più.

R.: è un buono. Messi insieme ti fanno paura ma presi da soli ti fanno tenerezza. Questo ho capito stando con loro…

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