La storia del Circolo Canottieri Roma e quelle degli altri Circoli storici di canottaggio sono legate indissolubilmente al Tevere. E non soltanto per via della pratica sportiva. Oggi, per la terza puntata della rubrica settimanale 100+, viaggio nell'album dei ricordi del Canottieri Roma, parliamo allora proprio del "Biondo", proponendovi una storia che molti hanno dimenticato. Ce la racconta Roberto Vianello a pag. 29 di "Una passione lunga un secolo", il libro del centenario del Circolo.
"Il 29 novembre 1870 - scrive Vianello - appena due mesi dopo la presa di Roma, si verifica una piena di enorme portata (oltre 17 metri a Ripetta) che allaga l'intero centro storico. La minaccia costituita dal Tevere sulla nuova Capitale diventa una priorità per il giovane Regno d'Italia, che istituisce un'apposita commissione al fine di individuare una soluzione".
Giuseppe Garibaldi, ai tempi nei panni di deputato, propone un progetto radicale: deviare il corso del fiume intorno al centro della città, dove invece rimarrebbe soltanto un rigagnolo d'acqua. "Con l'adozione di tale progetto - rileva giustamente Vianello - i Circoli storici di canottaggio non avrebbero mai avuto modo di nascere dove oggi si trovano".
Fortunatamente vince il progetto dell'ingegner Canevari, "che prevede la demolizione delle case a picco sul fiume e la costruzione di alti argini che accompagnano il fiume da Ponte Milvio fino alla basilica di San Paolo. I lavori iniziano a partire dal 1876 e terminano solo nel 1926. Ma nel 1919 quelli del tratto centrale sono più o meno ultimati".
In nome della sicurezza scompaiono i porti urbani mentre le aree affacciate sul fiume, con i vari Lungotevere, diventano zone di scorrimento automobilistico. "Restano quasi soltanto i Circoli di canottaggio a mantenere il legame tra la Capitale e il fiume grazie al quale essa è nata e si è sviluppata. Un grande nostro merito che non va mai dimenticato".